Trasformare un’azienda farmaceutica strettamente connessa al proprio territorio e fortemente legata alla propria comunità di provenienza in una multinazionale che opera a livello globale è sicuramente un’impresa difficile, perché nel tentativo di imporsi sul mercato globale si può correre il rischio di perdere la propria identità e di trascurare il punto da cui si è partiti. In IBSA, che del miglioramento dell’esistente ha fatto la propria ragion d’essere, questo rischio è stato trasformato in opportunità: la crescita della compagnia, caratterizzata spesso da indicatori a due cifre, non è stata mai considerata come un superamento della ‘località’, bensì come un’esportazione delle best practices territoriali da cui tutto è partito. In questo modo è stato possibile, per l’azienda, mantenere la propria identità e le proprie connessioni territoriali e contemporaneamente affermarsi come player in oltre 80 Paesi e 5 Continenti. A raccontare questo percorso è Maleša Sidjanski, Head of Swiss Business Operations, il manager che si occupa di seguire lo sviluppo dell’azienda dove tutto è cominciato, la Svizzera.
Qual è il segreto del successo della filiale svizzera di IBSA?
Lavoro in IBSA dal 1992. Quando abbiamo cominciato eravamo alla 167esima posizione tra le aziende farmaceutiche in Svizzera, oggi siamo 23esimi. Avevamo un fatturato di circa 4 milioni, oggi arriviamo a 65 milioni. Per riuscirci abbiamo sempre puntato sulla focalizzazione e sulle scelte strategiche: identificare i prodotti più “unique” e il potenziale più grande per entrare nei mercati adeguati/corrispondenti ai prodotti scelti sopra, ma anche i clienti corrispettivi e le attività promozionali e di comunicazione sempre con la leva più grande. Credo che il segreto del successo di IBSA Svizzera sia da cercare nel saper scegliere le attività da intraprendere e nell’andare fino in fondo. All’inizio ci siamo concentrati sui key products (vedi sopra), e solo dopo 15 anni abbiamo man mano allargato il cerchio su alcuni altri prodotti strategici, senza mai perdere il focus necessario e sprecare risorse. Riuscire a concentrare la propria attenzione su un prodotto, senza mai lasciarsi distrarre e presentarlo con onestà e passione è importantissimo. L’altra cosa è quella di avere sempre un team contento, stimolato e altamente motivato che si identifica a 100 % con la ditta e con i prodotti. Ogni anno definiamo assieme in modo scritto e firmato i 5-7 fattori chiave e di successo dei nostri prodotti e poi ognuno è libero di realizzare i propri progetti chiave. Il terzo elemento fondamentale è non lasciarsi abbattere dalle difficoltà ma avere grinta. Un esempio: siamo stati sette anni a bussare alla porta del centro grandi ustionati di Zurigo per entrare con il nostro Ialugen Plus e finalmente, dopo sette anni, si sono verificare le condizioni giuste per riuscire a entrare. Bisogna essere sempre presenti, ma sempre con rispetto verso l’interlocutore: ad esempio, non bisogna mai esercitare troppa ‘pressione’ sui medici, bensì ascoltare per conoscere bene le esigenze del cliente, parlare con chiarezza e onestà del prodotto basandosi sull’evidenza scientifica e lasciare che sia il prodotto stesso a fare la parte finale del lavoro di convinzione. La formula perfetta è “provalo, e vedrai che quello che ti abbiamo promesso e vero”.
Questo come si traduce nel suo modo di condurre la filiale svizzera di IBSA?
“Per me è molto importante riuscire a creare delle circostanze e un ambiente di lavoro che permette a tutti, di crescere. Ritengo sia fondamentale che tutte le persone vengano volentieri a lavorare e siano contente. Soffrire al lavoro, essere scontenti e tornare a casa ogni sera sentendosi frustrati è veramente terribile per tutti, per i lavoratori ma anche per le loro famiglie. Per questo è cruciale sapere che cosa è importante per loro, come vorrebbero che si sviluppassero le relazioni sia all’interno dei vari team che tra colleghi di team diversi. Per me sono fondamentali l’onestà, l’ascolto e il rispetto. Sono i valori che personalmente apprezzo più di tutti”.
La Svizzera è un Paese tutto sommato piccolo, che conta meno di 8,5 milioni di abitanti, divisi in 26 cantoni autonomi. Come è possibile costruire una strategia di ‘livello nazionale’ in una realtà così parzializzata?
“Per avere successo sul mercato e soprattutto per ispirare fiducia nelle persone, medici o pazienti, dobbiamo far percepire IBSA come un’azienda Svizzera, vicina alle persone e caratterizza dall’altissimo livello di qualità che caratterizza la produzione elvetica. Un altro elemento a cui dobbiamo prestare attenzione, qui in Svizzera, è il multilinguismo. Considerando che questo è un paese in cui si parlano italiano, francese e tedesco ogni tanto anche in un modo leggermente diverso rispetto a quelli parlati in Italia, in Francia o in Germania nella produzione dei nostri materiali dobbiamo fare molta attenzione ai dettagli non solo in termini di linguaggio, ma anche dal punto di vista dei visual o degli slogan. Banalmente, qualcosa che magari funziona in tedesco non funziona in italiano o in francese, quindi dobbiamo costantemente migliorare e adattare. Quest’attenzione al dettaglio e al rapporto che si genera con le persone attraverso la lingua riverbera in tutto il nostro modo di lavorare, dalla gestione del team interno alla costruzione del rapporto con i medici e le strutture ospedaliere e persino nel rapporto con le istituzioni sanitarie. Insomma, il ‘modello Svizzera’, sotto questo punto di vista, può aiutare molto a comprendere come ‘promuovere le differenze’ e soddisfare un bisogno globale come quello della salute attraverso il rispetto delle identità territoriali e personali”.
In questo ‘percorso’, dove finisce il ruolo di una country e dove comincia quello del corporate?
“È una questione di efficacia. La presenza di un headquarter non è sentita come una limitazione della libertà d’iniziativa, anzi. Il nostro fondatore, il Dottor Licenziati, è una persona che tende a fidarsi degli altri e più le cose vanno bene, più si fida e più lascia libertà. C’è però un punto che può sembrare negativo, ovvero che non ci sia tanto coordinamento perché c’è troppo libertà. In realtà non è così: c’è un costante equilibrio tra la libertà di ciascuno e il bisogno complessivo dell’azienda ed è quello che abbiamo trovato. Per i problemi locali, per rimanere in Svizzera, agiamo in autonomia, perché essendo più vicini al problema possiamo fornire soluzioni più efficaci, mentre quando il problema riguarda tutti si cerca una soluzione complessiva, che funzioni per tutte le filiali dell’azienda”.